mercoledì 23 maggio 2012

PICCOLO DECALOGO DI SOPRAVVIVENZA PER POLITICI QUASI TROMBATI

Arrivano i Grillos....o no?
1- Le amministrative si chiamano così in quanto...amministrative. Fate tutte le considerazioni che volete, ma ricordatevi che le politiche sono un'altra cosa.

2- Con quasi il 50% di astenuti  - in alcune zone anche di più -, chi ve l'ha detto che Grillo vincerà le elezioni del 2013?

3- Se non fate la riforma della legge elettorale, del finanziamento dei partiti e quella istituzionale, non solo perderete il seggio in Parlamento, ma dovrete anche andare in giro con un burqa per non farvi vedere.

4- Montezemolo, Passera, Monti, Batman e Topolino possono essere tutti utili ma non indispensabili. Pensate che ci mettano la faccia adesso per voi che la state perdendo?

5- Finitela di andare in tv a litigare col dirimpettaio di turno. L'ha capito prima Grillo di voi: gli elettori sono anche stanchi di sentirvi blaterare nei talk-show dove si parla di tutto e del suo contrario.

6- Ricodatevi che in politica le patate sommate alle carote non danno le patacarote.

7- Non guardate al passato. Non sognate restaurazioni berlusconiane, dell'Unione prodiana o della vecchia Dc.

8-...allo stesso tempo non fingete di presentarvi come 'nuovi' se non lo siete. (e chi lo è?)

9- Non dite ogni tre secondi le seguenti parole: riformista, moderato, unità, sistema-Paese, società civile, responsabilità. Se poi non vi comportate di conseguenza, gli elettori non vi credono più.

10- Non cadete nella tentazione populista. Voi rappresentate la società civile di cui sopra e c'è bisogno di una classe politica reale e capace, non di vallette, imprenditori o finanzieri prestati alla politica o altro. Vogliamo tornare al 1994?

martedì 8 maggio 2012

UK, Cameron punta sui pensionati per salvare il governo
Il rapporto del Centre for Social Justice: allocare risorse ai pensionati più bisognosi e non a chi ha già. Il premier intanto ribadisce lo sforzo congiunto con il vice Clegg per tenere unito il governo di coalizione

Cameron-Clegg: arrivederci o adieu?
- Giorni durissimi, anzi, hard times, per il Primo ministro conservatore David Cameron. Il suo partito è uscito con le ossa rotte dalle amministrative tenutesi nel Regno Unito lo scontro giovedì, i laburisti di 'Red Ed Miliband' avanzano inaspettatamente, e l'amico-nemico Boris Johnson è più di una seria minaccia interna per la leadership del partito. Il suo governo scricchiola sotto i colpi della commissione Leveson sui rapporti tra politica e media, e, come se non bastasse tutto, i Lib Dem - partner dei Tories al governo -, danno chiari segni di insoddisfazione nei confronti della politica economica del Cancelliere Osborne.

In questo quadro per nulla idilliaco, i think tank vicini ai Tories si stanno riattivando per dare nuova linfa al partito e al governo che ha appena due anni di vita e rischia seriamente di non arrivare al termine della legislatura. Il Centre for Social Justice, fondato dall'ex leader dei conservatori e ora ministro del Lavoro Iain Duncan Smith ha suggerito in un suo rapporto di allocare maggiore risorse ai pensionati in difficoltà rispetto ai meno bisognosi e alle imprese. Nel libro bianco che verrà pubblicato a breve il CSJ propugna un ritorno del partito a politiche sociali più inclusive, nel solco del one-nation toryism spazzato via dagli anni del thatcherismo. Una mossa che farà storcere il naso alla destra del partito, ma che sarà sicuramente apprezzata dai Lib Dems, già da tempo sul piede di battaglia con i conservatori sui temi dell'equità e della giustizia sociale. Staremo a vedere.

Quello che è certo è che il futuro politico di David Cameron sembra sempre più in bilico: se i dati delle amministrative si riproponessero a livello nazionale alle prossime elezioni, il Labour tornerebbe al potere con oltre 60 seggi di vantaggio alla Camera dei Comuni.




venerdì 4 maggio 2012

La destra francese alla prova del dopo-Sarkò
Ancora pochi giorni e un terremoto scuoterà i gollisti dell'UMP. Per fronteggiare il cataclisma, i big del partito stanno da tempo organizzandosi in correnti.

Sarkozy saluta tutti: sostenitori, presidenza e partito
-  Con la probabile sconfitta alle presidenziali di domenica prossima, la destra francese perderà l'Eliseo per la prima volta dagli anni '80, quando il socialista François Mitterrand vinse ben due mandati - allora di 7 anni -, alla guida delle istituzioni d'Oltralpe. I gollisti perderanno perché la rupture tanto annunciata da Nicolas Sarkozy nel 2007 non c'è stata e la Francia è piombata nella crisi economica al pari di tutta l'Europa, con debito e deficit che continuano a salire.

In realtà, l'UMP una cesura col passato l'ha creata, e ne è rimasta vittima: ha messo in soffitta i cardini del gollismo per abbracciare un progetto politico spurio, che ha visto la Francia tornare alla ribalta sul piano internazionale accanto agli Usa nella Nato, e sul piano nazionale ha cercato di dividere i francesi venendo meno all'opera di grande rassembleur del generale De Gaulle. Chiunque abbia ascoltato il dibattito televisivo lo scorso mercoledì ha visto che era Hollande e non Sarkozy che cercava di unire e di porsi come 'il Presidente di tutti'.

Raffarin: correnti no, correnti sì
L'allontanarsi dalle radici e lo spettro della disfatta hanno risvegliato i fermenti nel partito - o meglio, nella federazione di movimenti -, che fa capo al Presidente. Non si sa cosa ne sarà di lui lunedì prossimo, ma i pesi massimi del partito si stanno già muovendo. L'ex premier Raffarin ha smentito clamorosamente la sua posizione del 2004, fondando la corrente degli Humanistes pour l'UMP. Lo stesso segretario, Jean-François Copé, ha promesso di dare attuazione allo statuto del partito, invitando tutti a creare dei movimenti di appoggio ai vertici e chiedendo ai radicali di abbandonare l'ARES di Jean-Louis Borloo, per prendere casa tra gli ormai post-gollisti. Il ragionamento è molto pratico: ogni Regione della Francia è diversa e il partito necessita di radicarsi di più sul territorio.

Non tutti però ci stanno, facendo valere le tradizioni plebiscitarie della destra francese. Il Ministro del Lavoro Bertrand ha sostenuto che quando stava lui ai vertici del partito tutte le sensibilità erano rispettate, senza la creazione di sotto-movimenti, cui guarda con sospetto anche il premier Fillon, dato per molti come il front-runner della destra per le legislative di giugno. Il tutto con i nodi irrisolti del rapporto con il Front National e con il centrista Bayrou, uscito allo scoperto in favore di Hollande proprio ieri. E poi c'è lui, l'uomo del vorrei-ma-non-posso, Nicolas Sarkozy: cosa farà?

venerdì 27 aprile 2012

Perché ci sfugge l'essenza Special di Mou

L'insostenibile pesantezza dell'essere Special
- Lo abbiamo visto in ginocchio, finalmente, e per molti è stata una gioia. Per altri, quelli che hanno gioito con lui nei suoi due anni italiani, una delusione. Ma nessuno potrà mai capire in cosa Jose Mourinho da Setubal è così Special, perché è l'unico allenatore al mondo che va dove lo porta l'avventura -se non il portafogli -, come e quando vuole.

Mou è clown da circo mediatico, battutista da cabaret, provocatore da saloon. Ha sublimato la squallida arte di mettere pressione ad arbitri e avversari, inveendo contro qualsiasi cosa che va contro la sua squadra, il suo gruppo, i suoi calciatori. Ma tutto questo è materia buona per riempire i giornali, fare chiacchiera. Fastidioso frastuono in un mondo di notizie sportive - che notizie non sono più -, 24 for 7.

Per capire veramente Mourinho bisogna essere allenati da lui, martellati nella testa e nel cuore da uno il cui vero soprannome dovrebbe essere Mr. Motivator. Se Wenger costruisce giocatori da zero e Ferguson costruisce uomini, Mourinho agisce più sui nervi, sulla psicologia dei suoi soldati. 'Morirei per lui', disse una volta Wesley Sneijder. 'Farei di tutto per il mio Condottiero', aggiunse Marco Materazzi. Mourinho non è un tattico di grandissimo livello. Al Chelsea impacchettava il centrocampo con 5 uomini, all'Inter levava due difensori per mettere due attaccanti ogniqualvolta si trovava sotto, e inseriva un difensore quando stava sopra (nel punteggio). Roba alla 'Baresi per Diaz' di trapattoniana memoria. Le sue squadre non giocano granchè bene ma sono le più scorbutiche, le più difficili da affrontare, le più forti.

Ma finché  non saremo allenati e motivati da lui continueremo a dividerci parrocchialmente tra pro e contro Mou, facendo prima di tutto il suo gioco, mentre lui lavora sui cervelli dei suoi per vincere la prossima battaglia.

giovedì 1 dicembre 2011

UE
O si fa l'Europa o si muore
La crisi del debito sovrano, la riforma dei Trattati, le spinte nazionaliste franco-tedesche: ma per il Vecchio Continente è il momento di passare dalle parole ai fatti

Van Rompuy, lo riconoscereste per strada?
- Cambiare per non morire, e per non essere soffocata dal populismo isolazionista della destre e dall'idealismo di maniera delle sinistre europee. Per l'Unione Europea è giunto il crunch time, il momento della verità. La crisi dei debiti sovrani ha esposto tutti i difetti di un'architettura comunitaria ancora lontana dal poter dirsi conclusa. Occorrono, e alla svelta, correttivi importanti per fare funzionare quanto di buono è stato fatto dalla nascita della moneta comune e degli organismi europei.

Una delle critiche più aspre indirizzate all'Ue è quella di essere poco democratica e 'lontana dai cittadini'. In parte c'è del vero in queste affermazioni. Il processo di costituzione dell'Unione è sempre stato, anche per ammissione delle stesse istituzioni comunitarie, top-down, dall'alto verso il basso. Per questo, nel corso degli anni è stato rafforzato il ruolo del Parlamento Europeo, unico organo democraticamente eletto, e sono passati al vaglio delle popolazioni locali i trattati di riforma dell'Unione: per quanto si possa accusare il Regno Unito di isolazionismo o eurofobia, occorre rilevare che la Costituzione europea fu rigettata in un referendum da Francia e Olanda, due paesi fondatori della vecchia Cee. In questa fase, con la crisi che rischia di distruggere l'euro e di far tornare l'Europa indietro di 70 anni, non è più il tempo delle formule di compromesso o dei discorsi cerchiobottisti da piede-dentro-piede-fuori: serve stabilire una volta per tutte cosa vogliamo che sia l'Europa, o, più semplicemente, se vogliamo che sia.

Maggior coordinamento delle politiche fiscali e Bce stile-Fed oppure rompete le righe e ritorno a una unione basata soltanto sul libero scambio e sul commercio? Maggiori poteri al presidente dell'Ue e alla Commissione o riduzione dei loro ruoli a meri segretari delle potenze franco-tedesche (come sta, peraltro, avvenendo adesso?) Prevalenza del metodo comunitario o intergovernativo? Più o meno coinvolgimento dei cittadini? A tutti questi quesiti e non solo dovranno rispondere non solo i leader nazionali, che per ora stanno facendo una pessima figura, ma anche i vertici delle istituzioni comunitarie, nelle persone di Mario Draghi, Herman Van Rompuy, Jose Barroso, e Jerzy Buzek, perché stavolta è proprio il caso di dirlo: o si fa l'Europa davvero o si muore.

mercoledì 30 novembre 2011

EUROPA
Governo tecnico anche per la Germania?
Angela Merkel incapace di guidare l'Europa nella crisi: e se i tecnocrati governassero anchea Berlino?

Eurobond? Nein, nein
 - Il governo tecnico, la 'democrazia sospesa', la legislatura di 'decantazione'. Parole che negli ultimi mesi abbiamo sentito più e più volte riferiti al nostro Paese. Ora che Berlusconi ha lasciato però, ci si chiede se anche gli altri leader europei possano, con un 'gesto di responsabilità', rendersi conto di quanto nocumento hanno arrecato all'Europa e decidano di farsi da parte. Prima fra tutti, Angela Merkel, la donna più potente del mondo e cancelliere della Germania.

Andata deserta la recente asta dei Bund tedeschi, peraltro considerati ormai meno affidabili anche dei titoli di stato inglesi, la Signora No dell'Europa si ritrova a fare i conti con un'economia che dà segni di rallentamento e con una cronica incapacità di agire a livello europeo. Questa empasse non le ha nemmeno consentito di ottenere vittorie nelle varie elezioni amministrative dove la Cdu è stata sempre massacrata dalle varie sinistre coalizzate e fustigata anche dagli alleati liberali. Insomma, la fraulein si rifiuta di lanciare un salvagente ai Pigs europei per timore di perdere consensi, ma, alle urne, il popolo tedesco la punisce comunque. Il suo no agli eurobond, a una comunitarizzazione delle decisioni e della crisi, stride con il passato europeista e illuminato di grandi cancellieri pro-europei come Helmut Kohl ed Helmut Schmidt. La Germania non rischierà mai il default, ma forse per impedire che l'Ue non si sgretoli, i tecnocrati servirebbero non solo a Roma ma anche a Berlino.

giovedì 24 novembre 2011

CALCIO INGLESE
Arsenal, 10 ragioni per essere ottimisti
Prima delle inglesi a qualificarsi per gli ottavi di Champions, chi l'avrebbe mai detto ad agosto? Ecco perché dallo stato di forma attuale può nascere una grande stagione

Torres, who?


1- Perché la società non ha dato retta ai 'doom-mongers' e Wenger è rimasto.

2- Perché Van Persie ce l'abbiamo noi, e ci è costato un cinquantesimo di Torres.

3- Perché vuoi mettere quando tornano Sagna e Wilshere?

4- Perché Gervinho non potrà continuare a sbagliare gol tutto l'anno...Vero?

5- Perché Thomas Vermaelen è uno dei migliori centrali europei al momento

6- Perché i nostri risultati sono inversamente proporzionali alle presenze di Chamakh e Djourou sul terreno di gioco.

7- Perché Song ieri sera ha fatto una cosa che nemmeno Messi...

8- Perché quest'anno abbiamo un portiere, e che portiere.

9- Perché Koscielny sta giocando alla stra-grande e se gioca con la testa ha tutto per essere un grande difensore.

10- Perché siamo l'Arsenal. E già questo dovrebbe bastare.