Morte (del Governo) a Venezia
Il Papi in una foto recente |
Già mi pare di vederlo il Papi, senescente e confuso, rincorrere gli elettori per tutte le calli di un'Italia in preda all'epidemia del colera morale, sostando col fiatone sul ciglio dei marciapiedi non più popolati di donnine ma di gente veramente angry, che lo ha dimezzato - nelle preferenze - da Cavaliere e non da Visconte come nel celebre racconto degli Antenati di Calvino. (Un altro rosso per intenderci).
Per quest'ultimo giro sulla giostra della politica italiana, il Papi ha suonato un rock lentissimo e, smessi i panni del Von Aschenbach musichiere per Visconti e scrittore per Mann, ha indossato quelli di un povero Teddy Boy ormai scalzato dalle luci del palcoscenico e in divisa d'ordinanza: la redingote nera sporca e molto avvitata, il bavero di velluto tarlato, il gilet di broccato a ramages e l'immancabile camicetta di pizzo lurido con jabot penzolante sui bottoncini di madreperla sintetica. Il marchio - non parliamo di 'simbolo' suvvia, lasciamo stare Baudelaire e Maeterlinck! - del Pdl all'occhiello che si faceva sempre più sbiadito man mano che dal Dio Sondaggio si passava all'odiato - e odioso - mondo reale, fatto di quel popolo che un tempo lo aveva scelto, anzi, pre-scelto.
Non sappiamo cosa abbia detto il nipote di Mahler al processo e poco importa. Nessuna sinfonia, nessun rock e - per fortuna! - nessun Teddy Boy con le features di Stracquadanio, ci restituiranno questi 17 anni vissuti dal Papi sempre al di sopra delle righe di un pentagramma che non suona più la musica di Apicella.
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