venerdì 1 aprile 2011

POLITICA
La nostra notte più buia
Maggioranza allo sbando, crisi e insulti istituzionali: il dovere di voltare pagina

Scaramucce sugli spalti
- Ha scritto Francesco Merlo su Repubblica che ha portato più Africa il premier a Lampedusa, con il suo show a metà strada tra Idi Amin e Achille Lauro, che gli immigrati tunisini. Merlo ha ragione ma avrebbe dovuto far notare che anche il Parlamento si è trasformato in una specie di Gran Consiglio di uno staterello dell'Africa centrale, con i deputati ridotti a pigiabottoni e fedeli esecutori dei diktat del Bokassa de' noantri.

Una notte così buia e lunga la repubblica italiana non l'aveva mai vista. Un regime ormai moribondo sta cercando di trascinare il Paese nella sua puzzolente putrefazione e, allo stesso tempo, sta cercando di rimanere in sella con i mezzi più abietti: la compravendita dei deputati, le leggi ad personam, il rapporto contiguo con deputati e senatori vicini alla criminalità organizzata, il blackout e l'intimidazione delle opposizioni sui media. Il concetto di 'emergenza democratica' è superato dal definitivo abbandono delle pratiche democratiche, lo svuotamento del Parlamento e il ricorso alle leggi delega e alla fiducia per renderlo inoperoso.

Dopo l'indegno spettacolo a cui abbiamo assistito negli ultimi due giorni, viene da chiedersi come l'attuale maggioranza pensi di andare avanti, escludendo la via che prevede il 'rafforzamento' (sic) della sua compagine con i recenti acquisti di Iniziativa Responsabile. Non si può governare contro le istituzioni, ed è bene rimarcare che Pdl e Lega se la sono presa con il presidente della Camera, la Corte costituzionale, il potere giudiziario, l'opposizione, la libera stampa e così via. Un certo malumore serpeggia anche per un malinteso 'protagonismo' del presidente della Repubblica, costretto a richiamare i capigruppo di Camera e Senato al Quirinale.

E' giunta l'ora di voltare, una volta per tutte, la pagina più indecorosa della nostra recente vita pubblica. Il futuro non è scritto, ma il presente si può - anzi, si deve -, cancellare.

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