giovedì 24 marzo 2011

Loacker che bontà!




Il ministro della Difesa dimostra padronanza e competenza, parlando della guerra in Libia.

lunedì 21 marzo 2011

GIAPPONE
Chi calcolerà i danni dello Tsunami mediatico?
Notizie false, esagerate o inventate: un gruppo di italiani residenti in Giappone ha detto basta

Il vortice della disinformazione non smette mai di colpire
- Lo Tsunami che ha colpito il Giappone lo scorso 11 marzo ha causato danni incalcolabili al Giappone, sconvolgendo il modo di vivere dei suoi abitanti colpiti dalla tragedia, il modus operandi della sua economia, e la fiducia nelle sue istituzioni. L'incubo, purtroppo, è ben lungi dall'essere superato, con la questione nucleare tutt'altro che risolta. In un quadro così drammatico, non si capisce perché anche l'onda anomala della cattiva informazione - o della disinformazione tout court - debba abbattersi su una terra già martoriata.

Un gruppo di italiani residenti a Tokyo e non solo ha deciso di dire basta, creando una pagina su Facebook contro le tante malefatte che inviati e corrispondenti nostrani pubblicano e mandano in onda quotidianamente su quanto successo in Giappone. Si va dall'allarmismo insensato al terrorismo psicologico, si descrivono ghost-town stile selvaggio west dove la gente vive e lavora tutt'ora, per non parlare di chi tira fuori addirittura la storia del 'castigo di Dio'. Tutto questo, oltre a non informare i lettori e i telespettatori, è profondamente ingiusto e creerà danni incalcolabili al Giappone, in una fase in cui il commercio estero è destinato per forza di cose a contrarsi.

Visto che l'obiettivo di questo blog è quello di fornire un minimo di consapevolezza ai suoi lettori, vi rimando alla pagina Facebook del gruppo: Giappone Shinjitu_quello che la stampa italiana nasconde. Visitatela, per credere. E per non credere.

domenica 20 marzo 2011

L'ITALIA IN GUERRA CONTRO LA LIBIA
Il fai-da-te della nostra politica estera
Dal Trattato di amicizia italo-libico alla concessioni delle basi, lo spettacolare U-turn del Governo italiano

Dal Bunga Bunga al Bomba Bomba
- Contrordine amici! Il Gheddafi che 'non bisognava disturbare', va disturbato. Anzi, bombardato. La Libia, 'stato sovrano nelle cui questioni non dovevamo immischiarci', diventa l'argomento del giorno nellacomunità internazionale, e quindi, seppure con la riluttanza del caso che si legge negli occhi del premier appena uscito dal summit di Parigi, dobbiamo immischiarci. 'Per il bene del popolo libico'. Nientepopodimenoché.

E' destino del Belpaese una guerra alla Libia ogni secolo. Ora ci siamo. Le tv si sono popolate di presunti esperti, opinionisti 'sinceramente favorevoli all'intervento', manager ideologici e imbrattacarte in cerca di legittimazione. Si è capito davvero poco di quanto sta succedendo a Tripoli, Bengasi e dintorni. L'attacco militare è partito ieri pomeriggio, con la Francia in prima linea, e già si susseguono le notizie. Tutte non verificabili, per carità. 'Scudi umani', 'bombardamenti sulla Croce Rossa', 'Gheddafi che dice le bugie' (sic), e così via. Un media-event in tutto e per tutto.

Ma che fine ha fatto il Trattato di Amicizia italo-libico, firmato in pompa magna dal presidente del Consiglio e dal Colonnello nel 2008? 'Superato dalla risoluzione Onu' si è affrettato a dire il presidente della Commissione Esteri del Senato, Lamberto Dini, con una affermazione che speriamo non faccia il giro del mondo. Non si era mai vista una risoluzione che superasse un Trattato firmato liberamente da due Stati, né - fatto ancor più grave - un Trattato sospeso unilateralmente da una delle due parti. Sarebbe contrario al diritto dei Trattati. Lo sostiene - a ragione - Natalino Ronzitti , esperto - lui sì - di diritto internazionale.

Stiamo mettendo il piede in due scarpe, anzi, lo abbiamo già messo. Abbiamo contribuito in modo decisivo a ricollocare Gheddafi nella comunità internazionale con l'aiuto di Blair e Sarkozy e ora non ci va più bene. 'Non può restare più lì', dicono i superespertoni. 'Da quando ha sparato al suo popolo, non ne ha più la legittimità'. Ma Gheddafi tratta così il suo popolo da 42 anni, non da un mese. Quarantadue anni nei quali è stato spesso lo sponsor del terrorismo internazionale.

I libici sono azionisti di maggioranza del nostro istituto creditizio più grande l'Unicredit, hanno partecipazioni un po' in tutti gli asset dell'economia italiana. Il figlio di Gheddafi è stato invitato a giocare a calcio nel nostro campionato di Serie A e, quando non è venuto lui da noi, siamo stati noi ad andare da loro organizzando una Supercoppa tra Juve e Parma a Tripoli sotto gli occhi vigili degli sgherri del regime libico e di quello calcistico italiano ( Moggi, Giraudo e l'allora presidente della Lega Calcio, Galliani).

Se si deve agire in Libia per difendere gli interessi italiani va bene. Fa parte delle relazioni internazionali e dei rapporti che ne governano la comunità. Ma non parliamo di 'intervento in favore del popolo libico' o di 'diritti umani' che vanno difesi dall'alto della nostra moralità. Facciamo ridere. E' bene saperlo.

giovedì 17 marzo 2011

GIUSTIZIA
Una riforma politica
Difficile sostenere che il testo uscito dal Cdm sistemi i tanti problemi di una magistratura politicizzata

Parità tra accusa e difesa? Già c'è

 - E dunque la 'grande, grande, grande' riforma della Giustizia arriverà a breve in Aula. Un testo che necessiterà di due passaggi ravvicinati in entrambi i rami del Parlamento - trattasi di riforma costituzionale - e, se tutto va come sembra debba andare, sarà pure sottoposto a referendum confermativo. Questo per dire quanto sarà difficile che la riforma paventata dal centro-destra vedrà la luce. Per fortuna, verrebbe da dire.

In questi tanti anni di Seconda Repubblica, il rapporto politica-giustizia è stato la cifra con la quale si sono dovuti misurare tutti gli esecutivi, dal primo di Berlusconi all'ultimo di Prodi, per finire, in modo ancor più deflagrante con il governo in carica. E' chiaro che un rapporto così patologico non fa bene alle istituzioni, al nostro modo di porci come Paese, a entrambe le caste interessate.

Il problema secondo la coalizione di governo è presto detto: c'è un ramo della magistratura che usa il suo potere a fini politici, che fa politica ed è vicina ai partiti, specie quelli di sinistra. Difficile pensare che una riforma che crea, nei fatti, due Csm a maggioranza politica ( i laici sarebbero uno in più dei togati, grazie al vice-presidente che spetta loro ) possa essere una buona soluzione del problema. E difficile è sempre credere che abolendo l'obbligatorietà dell'azione penale e facendo sì che il Parlamento stabilisca di anno in anno i reati che la magistratura deve perseguire, possa creare dei giudici meno manovrati dalle esigenze della politica. L'intento della riforma sembra punitivo, quindi sbagliato.

In questi giorni, nel silenzio della grande stampa, un comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Nel casertano un sindaco è stato arrestato per associazione camorristica. E se questo è solo il conto presentato dal partito di maggioranza relativa, l'opposizione del Pd deve fare fronte all'arresto di un consigliere regionale. Quali reati credete che il Parlamento farebbe perseguire se dipendesse da lui? Avremmo un'esplosione di corruzione e concussione non punite. E dopo l'allarme del Procuratore Generale della Corte di Cassazione, non sembra questa la via migliore per i destini del Paese.

Certo, una branca della magistratura si è distinta per comportamenti fin troppo spettacolari o reclamizzati. Interessante sarebbe capire il rapporto tra alcuni magistrati e alcune testate, per esempio. Ma se uno che indaga su un politico viene accusato di essere 'politicizzato' allora è la fine della convivenza pacifica tra poteri dello Stato. Ma forse, la quiete l'abbiamo persa tanto tempo fa.

domenica 13 marzo 2011

Verificare che gli stipiti tengano si può...



Chissà se anche Naoto Kan, il premier giapponese, avrà un giornalista ligio al suo dovere che lo seguirà quando consegnerà le case ai poveri terremotati di Sendai. E chissà se vorrà anche lui controllare la saldezza degli stipiti di persona con tv al seguito...
SERIE A
Quando Cordoba si traveste da Gresko e Pandev da Denise
Anche in passato delle prestazioni individuali a dir poco scadenti sono costate all'Inter scudetti, coppe e felicità

Peggio di Gresko e Bréchet? No, per ora
- L'orribile prestazione di Ivan Cordoba e Goran Pandev lo scorso venerdì a Brescia ha fatto tornare alla mente dei tifosi interisti e non, alcune prestazioni di memorabile incompetenza del recente passato della storia nerazzurra. Vediamo le 5 migliori ( o peggiori, a seconda dal punto di vista )

5.BERGKAMP, ROMA-INTER 3-1 (STAGIONE 1994-1995)
L'epopea dell'Inter dei Tulipani non ha avuto nulla in comune con quella dei loro colleghi rossoneri. In particolare Dennis Bergkamp visse due stagioni a dir poco sconvolgenti a San Siro. Abulico in campo e fuori, il biondo attaccante prelevato dall'Ajax si scontrava spesso con il suo compagno di reparto Ruben Sosa, che lo chiamava - non senza ironia - 'Denise'. Ma è in questa partita a Roma che Bergkamp raggiunge il top: con l'Inter sotto per 3-1 si incarica di tirare una punizione dal limite che finisce in fallo laterale. 25 miliardi buttati al vento.

4. JEREMIE BRECHET, EMPOLI-INTER 0-1 (STAGIONE 2003-2004)
L'arrivo del francese Bréchet negli ultimi giorni del mercato estivo aveva convinto gli addetti ai lavori: l'Inter aveva finalmente trovato l'uomo che faceva al caso suo e avrebbe sconfitto la 'maledizione del terzino sinistro'. Ma Bréchet, proveniente dal Lione, si rivela un fantoccio sulla fascia mancina. Celebre il modo in cui cade in una partita casalinga con l'Empoli dando il via libera al gol della vittoria dei toscani. Addirittura assurdo un suo rinvio al centro dell'area nerazzurra nella partita di Coppa Uefa contro il Benfica nei minuti di recupero. Se ne andrà a fine stagione, peregrinando poi tra Psv e Sochaux.

3. SULLEY MUNTARI, CATANIA-INTER 3-1 (STAGIONE 2009-2010)
Sulley Flagello di Dio. Entra con le squadre sull'1-1 e un poco più di un minuto si fa ammonire ed espellere, causando il rigore decisivo per il 3-1 finale. Non si riprenderà più. Né lui, né i suoi sostenitori.

2. MATTEO FERRARI, INTER-MILAN 0-6 (STAGIONE 2000-2001)
Il derby del dolore. La marcatura del giovane Matteo Ferrari su Comandini è destinata a passare alla storia: il primo caso di difensore che cerca di stare lontano dal suo diretto avversario per marcarlo meglio. Comandini segna una doppietta. Non è il caso di infierire oltre sul povero centrale nerazzurro, voluto fortissimamente da Lippi in estate. I tifosi, invece, infieriscono eccome, facendogli trovare la sua Porsche con tutti i vetri sfondati nel parcheggio di Appiano Gentile.

1. VRATISLAV GRESKO, LAZIO-INTER 4-2 (STAGIONE 2001-2002)
Lo slovacco Gresko gioca anche una discreta stagione ma rovina tutto rimettendo in corsa la Lazio nell'ultima giornata di campionato. Il 2-2 di Poborsky, gentile omaggio del terzino dalla zazzera bionda, è il gol che manda lo scudetto a Torino e crea il mito del 5 maggio Cupermorattiano. ça va sans dire che l'Inter lo cede al Parma a fine anno. Ogni volta che lo rivedono in campo i tifosi della Juventus provano un poco di sollievo dalle tante sconfitte degli ultimi anni.
POLITICA
Finis Terrae
La breve stagione politica dei 'finiani', storia di un fallimento

Fini & Barbareschi: c'eravamo tanto amati
- Con la chiusura del sito di Fare Futuro, viene messa definitivamente fine alla breve stagione del 'finismo', un movimento politico che è durato lo spazio di un'estate. Forse anche troppo. Fare Futuro non invaderà più le nostre mail con le sue newsletter prezzemoline, con i suoi articoli che cercavano di ricondurre tutto lo scibile umano - dal razzismo nelle curve al berlusconismo, passando per la crisi e il ruolo dei giudici nella società attuale - alla Nuova Destra capeggiata dal presidente della Camera, Gianfranco Fini.

Troppi gli errori commessi da un gruppuscolo di fondatori, definiti dal presidente del Consiglio 'quattro gatti'. Fini ha sbagliato tutto: tempi, modi e circostanze del suo incredibile disamoramento dal Cavaliere dopo 17 anni di lotte congiunte, anche contro quella legalità che ora dimostra di voler preservare a ogni costo. Una volta che, con una manovra spregiudicata, il premier è riuscito a incassare il voto di fiducia, Fli è andata in frantumi: in poco meno di tre mesi ha perso diversi deputati ( con motivazioni diverse e non sempre plausibili ), ha perso il gruppo al Senato, ha celebrato un congresso fondativo in cui il nuovo partito si è spaccato ancor prima di vedere la luce. Un disastro completo per chi credeva nelle possibilità di Fli e di Fini, e per i tanti sedicenti intellettuali alle vongole che si sono appoggiati al leader di Montecitorio convinti di poter racimolare qualcosa in termini di carriera. Sarà per la prossima volta, se ci sarà.

Più che dal nobile intento di liberare l'Italia dal giogo berlusconiano, Fini è stato mosso dall'ambizione personale. Con lo scranno alla Camera ha voluto darsi una ulteriore credibilità istituzionale, dopo i trascorsi da ministro degli Esteri e da vice-premier nel Governo Berlusconi II. L'obiettivo: proporsi come leader moderato credibile e coagulare su di se un numero sufficiente di consensi per tentare la corsa al Quirinale. Come leader di partito Fini ha voluto rappresentare una destra che in Italia è minoritaria da sempre, per tentare la scalata a Palazzo Chigi. Il fallimento è stato doppio perché la posizione ambivalente dell'ex leader di An ne ha fatto un facile obiettivo sia della satira, che lo ha dipinto come leader di sinistra in pectore, sia dei media più vicini al Capo del Governo che lo hanno attaccato su tutto, a volte pretestuosamente, a volte con un fondo di verità. Con tutto il bene possibile che si possa volere a Gianfranco Fini, non era mai successo che un Presidente della Camera chiedesse le dimissioni del Governo in un comizio!

Barbareschi che attacca Berlusconi, poi ritratta, va da lui, esce da Fli, anzi no. Il tradimento di Katia Polidori e Silvano Moffa, nel giorno della fiducia. Le liti sulla spartizione delle cariche tra falchi e colombe che hanno mandato in frantumi il congresso fondativo del Fli. E ora l'addio al sito che più di ogni altro avevo contribuito allo 'stillicidio di distinguo' che tanto ha mandato su tutte le furie Berlusconi. Hanno ballato una sola estate dunque i 'finiani'. Forse perché non avevano nulla di veramente concreto da proporre a un Paese da troppo tempo sfigurato.

venerdì 11 marzo 2011

POLITICA
Responsabili o Disponibili?
La nascita del gruppo dei Responsabili in appoggio del Governo suscita non poche perplessità

In principio furono in tre
- Il voto di fiducia ottenuto lo scorso 14 dicembre ha portato alla ribalta i Responsabili, l'ennesimo movimento politico nato dalla decomposizione di Pd e Pdl. Oggi, a quasi 4 mesi di distanza, gli uomini di Iniziativa Responsabile (IR) sono gli unici a ingrossare le loro file, pronti a entrare nel governo con ruoli di vice-ministro e sottosegretario dopo essere ufficialmente diventati la 'terza gamba' della maggioranza.

Già, la maggioranza. Ci è stato ripetuto fino alla nausea che il 'popolo sovrano sceglie la maggioranza di governo' con il nuovo metodo elettorale, anche se non mi risulta che i Responsabili si siano mai candidati con un loro simbolo e leader alle elezioni del 2008. E' un movimento tutto interno ai Palazzi della politica, un giochino tipico della Prima Repubblica tanto disdegnata, ma ora tornata utile con i suoi mezzi e mezzucci per tenere in piedi il governo dopo l'uscita di scena dei finiani.

L'articolo 49 della Costituzione italiana stabilisce che 'tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere in modo democratico a determinare la politica nazionale'. Ora, se un cittadino vuole iscriversi ai Responsabili, come può fare? Non hanno un sito, una sede, una consistenza nella società, niente. A quali idee si ispirano i Responsabili? Sono di destra, di sinistra o di centro? Mistero.

L'unica vera motivazione per aver creato un simile mostro è quella delle poltrone offerte dal premier e a loro disposizione. Ecco perché Massimo D'Alema li ha definiti 'i mercenari della maggioranza'. Ecco perché più che Responsabili, sono Disponibili. A tutto, pur di non perdere il loro seggio.

lunedì 7 marzo 2011

PREMIER LEAGUE
Arsène, Sir Alex e la corsa al 'ciapanò'
Arsenal e Utd fanno di tutto per non vincere il titolo, gli arbitri danno il loro contributo...

United We Stand: contro arbitri e guardalinee
 - Forse ha ragione Steven Howard, che sulle pagine del Sun ha detto che nessuno merita di vincere la Premier League quest'anno. Una corsa al 'ciapanò', con lo Utd che ha un rendimento scadente in trasferta e un Arsenal capace di tutto, specialmente in negativo. Howard, dal canto suo, si sbaglia a definire questa la stagione più mediocre dalla nascita della Premier League: quando l'ultima in classifica ha 27 punti e la penultima batte la capolista e i campioni in carica sul suo terreno, il campionato è molto equilibrato semmai, non mediocre. Poi, certo, Manchester Utd e Arsenal, i pace-setters dall'inizio dell'anno (dopo un breve avvio marcato Chelsea), sono squadre tutt'altro che perfette, ma la situazione di generale competitività del campionato espone le loro debolezze più che in passato.

Nell'ultima settimana, i due vecchi rivali hanno avuto da dire sugli arbitraggi contro le loro squadre, e non sempre a torto. Sir Alex Ferguson si è lamentato per il rigore subito a Stamford Bridge lo scorso mercoledì, decisivo per la vittoria del Chelsea sui Red Devils. In effetti il fallo di Smalling su Zhirkov è stato tutt'altro che evidente. Ieri nel catino di Anfield, un intervento da codice penale di Carragher su Nani è risultato con il portoghese fuori dal campo in barella, e la bandiera dei Reds in campo a lustrarsi i tacchetti. Inaccettabile. A fine gara Fergie ha riservato alla stampa il 'trattamento Bbc': non ha parlato con nessuno, così come da anni non parla con la tv di stato inglese.

Wenger, invece, dopo avere tollerato lo scempio di Dowd a Newcastle (2 rigori perlomeno dubbi e un espulsione che raramente si vede sui campi inglesi), si è detto 'disgustato' del'operato di Taylor contro il Sunderland. Un rigore netto di Bramble su Arshavin e un gol annullato allo stesso attaccante russo per un off-side inesistente lo hanno fatto infuriare. L'Arsenal contro il Sunderland doveva vincere e non l'ha fatto, privo di 5 giocatori decisivi come Van Persie, Walcott, Song, Fabregas e Vermaelen, fuori ormai da fine agosto.

Difficile prevedere cosa succederà. Il portiere del Chelsea, Petr Cech sostiene che anche i Blues sono in corsa per il titolo, nonostante il pesante distacco dallo Utd (12 punti ma con due gare da recuperare). Lo capiremo già stasera a Blackpool. Tutto, comunque, fa pensare che Arsenal-Man Utd all'Emirates il primo maggio, sarà la partita decisiva per il titolo. E chissà se per quella data la FA sta già preparando un quarto uomo corazzato, in grado di resistere alle intemerate di Arsène e Sir Alex.